Gli Hasir sono tra i più antichi esempi di tessitura. Realizzati negli altopiani dell’Anatolia centro-orientale con foglie di mais o canna palustre, esistono testimonianze di intrecci di ceste e stuoie fatti con queste fibre già a Catalhuyuk, il più importante centro abitato dell’Anatolia fin dall’epoca neolitica.
Gli Hasir erano utilizzati sia come tappeti cerimoniali che come sudari nelle sepolture, situate proprio sotto all’impiantito stesso delle case. Fino al periodo ottomano la loro tessitura era fatta solo in ambito familiare, più tardi iniziò una produzione commerciale durata sino alla metà del secolo scorso.
La fibra di mais veniva prima essiccata al sole, poi bagnata e tagliata in quattro parti da intrecciare per formare il lungo filo necessario alla tessitura. L’ordito spesso era fatto in canapa, perché più robusta. Il materiale veniva chiamato hask, cioè buccia, proprio perché composto dalla foglia che ricopriva la pannocchia.
I simboli utilizzati erano legati all’iconografia dei tappeti da preghiera: l’albero della vita, il kandil, ovvero le lanterne della moschea, il baklava, un rombo e il pitrak, l’archetipo della Dea Madre.
L’antica origine di questa tipologia tessile, ben precedente all’era musulmana, è anche testimoniata dall’uso di piccoli frammenti di stoffa che spesso affiorano dalla superficie del tappeto, memoria dell’uso totemico dei filamenti di tessuto lasciati in prossimità delle sorgenti sacre già in epoca ittita.