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ROMEO GIGLI | 8 tappeti in seta selvaggia |

Da una vita cerco tappeti nomadici primitivi e sono quasi assuefatto ad avere a che fare con materie, disegni, colori straordinari.

Migliaia d’anni hanno infatti cancellato tutto il rinunciabile, consegnandoci solo ciò che veramente serviva: protezione, anima, bellezza. Cento secoli fa gli stessi pezzi venivano perfezionati, e da allora nulla sarebbe più potuto essere migliorato. Sono giunti fino a noi sbalordendoci con la loro eterna modernità. Ho quindi avuto sempre difficoltà con i tappeti fatti oggi: i designers tendono ad affrontarli come fossero carta, dimenticando quanto siano importanti l’utilizzo, gli ingombri, la materia, i colori, gli spessori. Romeo ha l’audacia necessaria per rompere con queste superficialità.
Chi meglio di lui può azzardare accostamenti di colori intensi, o penetrare nelle profondità di materie tessili rare, o comprendere l’equilibrio di un disegno rispetto all’utilizzo? Le stesse sensibilità che hanno mosso migliaia di umili dita nomadi per migliaia d’anni, le stesse necessità che hanno reso sublimi nodi altrimenti inutili.

Raffaele Carrieri

TRA DUE PORZIONI DI CIELO

Un tappeto è da sempre uno spazio tra terra e spirito, un luogo di preghiera e insieme uno spicchio di riposo per il corpo, un tappeto può volare con il peso della carne e la leggerezza dell’anima. Ho quindi pensato di raccontare sui miei tappeti l’origine di tutto: un grande big bang da cui ha avuto inizio tutto, un movimento originario, primario, che si libera, si espande e poi finalmente esplode libero. Forze cosmiche, graffiti di meteore, scie incise di comete, si contraggono, poi si srotolano e scoppiano in un boato di luce che si fa segno aperto. 
Nelle due serie di disegni che ho realizzato volevo raccontare questa sensazione di esplosione, di un corpo fatto di luce che tenta di trovare la sua strada liberandosi da un vincolo, non troppo duro, ma che tiene stretti, che costringe ad un ordine che trova il suo senso solo nell’attesa della sua liberazione, del suo potersi espandere.
Molto spesso i tappeti, pur poggiando tutto il loro corpo a terra, pur aderendo in tutto e per tutto al suolo, sono paragonati al cielo, forse perché da sempre rappresentano un universo, un campo di forze, uno spazio chiuso allo sguardo ma pieno delle più varie narrazioni, territorio nomade di sogni.
Questi miei tappeti non raccontano una storia definita, ma evocano mille e una novella, parlano di una visione antica come l’universo: una forza che cerca di uscire da sé stessa e lo fa con la grazia di un semplice gesto, di un passo definitivo ma lieve che si impone senza dover gridare, usando un colore che continua a vorticarti nella memoria degli occhi.
Nei tratti che ho disegnato si potrebbero vedere degli astri, o forse dei fiori, ma per me quella forma danza un antico rituale che si può ritrovare in ogni spazio dove le energie si attirano e si respingono, dove colore e luce ingaggiano una battaglia che illumina quel rettangolo di continui e crescenti bagliori.

Disteso su un tappeto, lo sguardo rivolto verso l’alto, mi posso sentire tra due porzioni di cielo.

Romeo Gigli

Un tappeto è da sempre
uno spazio tra terra e spirito,
un luogo di preghiera e insieme
uno spicchio di riposo per il corpo,
un tappeto può volare con il peso
della carne e la leggerezza
dell’anima.

Un tappeto è da sempre
uno spazio tra terra e spirito,
un luogo di preghiera e insieme
uno spicchio di riposo per il corpo,
un tappeto può volare con il peso
della carne e la leggerezza
dell’anima.